Report dell’incontro “Confronto sui Beni Comuni”
Martedì 7 febbraio 2023 si è svolto il fishbowl dedicato al tema dei Beni Comuni.
L’incontro è stato da noi voluto perché ritenevamo necessario un ulteriore momento di confronto dopo quello avuto all’interno di Palazzo delle Aquile. Un momento di dialogo tra cittadini con un assetto meno istituzionale e con una impostazione più orientata al confronto.
L’incontro si è svolto presso il Teatro Atlante (che ringraziamo ancora per l’ospitalità) e la sala si è ben prestata al particolare setting che prevede la disposizione delle sedie in cerchi concentrici con il cerchio più piccolo composto da cinque sedie. Questo è il setting base della tecnica del fishbowl, una tecnica di dialogo collettivo poco diffusa ma molto interessante perché permette di generare un flusso di pensieri molto diverso da quello di un’assemblea con interventi sequenziali e spesso autoreferenziali.
La serata si è svolta in un assoluto clima di ascolto reciproco di cui siamo molto contenti.
Ma veniamo ai contenuti che raggruppiamo e riassumiamo per ambiti senza seguire un ordine cronologico proprio perché la modalità di dialogo stimolata dal fishbowl lascia al flusso di interventi una direzione molto libera. Ringraziamo però Giancarlo Gallitano, Fausto Melluso, Marco Siino e Mariangela Di Gangi per la disponibilità ad animare con le loro esperienze e conoscenze il primo cerchio di confronto insieme al nostro portavoce Michelangelo Pavia che ha introdotto la serata e Preziosa Salatino e Fabiana Faulisi che hanno facilitato l’incontro.
La direzione della discussione politica
Anche durante questo incontro, come già era successo durante quello organizzato in Sala delle Lapidi dalle opposizioni, buona parte del confronto è stato caratterizzato dall’analisi del bisogno dell’Amministrazione di assegnare e/o gestire beni di cui non riesce a prendersi cura.
Questo approccio ha permesso di ribadire quanto sia importante riflettere sul tema con una direzione opposta, ossia chiedendosi in cosa questo Regolamento può essere utile ai cittadini affinché abbiano ulteriori strumenti nell’attuare il principio di sussidiarietà previsto in Costituzione nell’art. 118.
Il Regolamento prevede infatti l’introduzione dei Patti di Collaborazione o della Dichiarazione di Uso Civico. Documenti proposti in genere da cittadini singoli o riuniti in associazioni che, per prendersi cura di quello che diventerà un bene comune, ne definiscono in modo partecipativo le regole di gestione e utilizzo.
L’Amministrazione, secondo noi, non deve cercare in questo strumento una ulteriore modalità per non fare la sua parte nella fornitura di servizi essenziali, e questo emerge in maniera molto evidente con lo strumento degli usi civici che prevede la continuità di gestione da parte del Comune del bene, gestione però realizzata in modalità congiunta e partecipativa con la cittadinanza attiva.
Ricordiamo che lo strumento degli usi civici non è presente all’interno della proposta prelevata dal Consiglio Comunale e su questo abbiamo inviato una proposta integrativa che ne tenga conto.
Ma cosa sono i Beni Comuni?
Questa domanda è riecheggiata durante tutto l’incontro senza mai palesarsi in forma diretta, a parte proprio in chiusura, quando uno degli ultimi intervenuti nel cerchio centrale ha depositato verbalmente questo interrogativo che ci sembra molto importante e che, dato che nella serata non c’è stato il tempo per dare una risposta esaustiva, proviamo a integrare in questo report.
Come indicato nella nostra proposta integrativa al “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura, la rigenerazione e la gestione condivisa dei Beni Comuni”
i Beni comuni sono beni, materiali ed immateriali, che i/le cittadini/e e l’Amministrazione riconoscono come comuni in quanto funzionali al benessere della comunità e dei suoi membri, all’esercizio dei diritti fondamentali della persona, anche nell’interesse delle future generazioni attivandosi di conseguenza nei loro confronti.
Inutile quindi definire a monte quale sia un Bene Comune e quale no perché questo deve passare da un riconoscimento collettivo e da un’attivazione della comunità.
Come detto, il tema della definizione di Bene Comune ci ha accompagnato per tutta la serata perché probabilmente – questa è l’impressione che abbiamo avuto- si ha la tendenza naturale a discutere più degli oggetti che vorremmo diventassero beni comuni che delle comunità che poi, attivandosi, definiranno perimetri e identità degli stessi.
Le esperienze
Ad inizio incontro si sono ricordate le tante esperienze che hanno caratterizzato Palermo tra il 2012 e il 2018 e che molto hanno contribuito ad attivare il dibattito e l’attenzione sul tema della gestione dei beni pubblici, fino ad avviare nel 2015 la redazione del Regolamento poi depositato nel 2018 e infine abbandonato fino a pochi mesi fa.
“I Cantieri che Vogliamo”, “il Teatro Garibaldi Occupato” così come l’importante esperienza del Montevergini che ha provato a sperimentare un percorso orientato agli usi civici. Tutte esperienze poi concluse, ma che hanno permesso di mettere in moto dei processi che oggi, ad esempio, permettono di vedere i Cantieri Culturali attivi e in uso (con i pro e i contro sempre esistenti).
Oltre alle esperienze locali, è stata citata l’importantissima esperienza, su scala nazionale, dell’ex Asilo Filangeri di Napoli. Un luogo riattivato da un gruppo cittadino che, istituendo un’Assemblea di gestione, ha avviato una fase di programmazione di attività e di gestione vera e propria di questo spazio abbandonato dalle Istituzioni.
Su questo esempio sono iniziate le prime posizioni divergenti proprio legate al modello di gestione. A proposito dell’ex-Asilo Filangeri è stato raccontato di un funzionamento controverso dell’Assemblea che prevedeva prioritario il principio di anzianità, che quindi avrebbe sbilanciato il potere decisionale nelle mani dei primi attivisti.
Pur non potendo verificare l’effettiva presenza di questa regola, l’occasione della testimonianza ha permesso di confrontarci ampiamente sulle dinamiche di gestione dichiarate orizzontali, ma che poi ritornano ad un verticismo nell’applicazione.
Oltre alle suddette esperienze, per la città di Palermo sono state citate le esperienze di “Piazzetta Mediterraneo” in cui uno spazio privato è stato trasformato in una piazza pubblica e che ha permesso di sottolineare il concetto per cui un bene comune non è per forza un bene pubblico. Un altro esempio è quello del giardino planetario di Primo Carnera allo Zen2, frutto di un percorso partecipativo e di un dialogo serrato con le Istituzioni. Un giardino realizzato a bassissimi costi per il Comune di Palermo che ha messo a disposizione principalmente le maestranze locali.
Infine, è stata citata l’esperienza del Parco Uditore che a Palermo riesce a gestire una grande area verde finanziata quasi totalmente da donazioni private.
Il ruolo del Regolamento
Come detto, questo fishbowl è stato organizzato al fine di ampliare la discussione in merito alla discussione in atto in Consiglio Comunale per l’approvazione del Regolamento sui Beni Comuni.
Durante il confronto il ruolo delle regole in questi processi è emerso in modo controverso.
Da un lato, si è sottolineata l’importanza e la possibilità di attuare i principi di gestione condivisa anche in assenza di regole, come è successo in tutta Italia e a Palermo, prima dell’arrivo dei Regolamenti sulla sussidiarietà.
Dall’altro, l’assenza di Regolamenti non consente un trattamento equo della cittadinanza che, non avendo un percorso indicato per prendersi cura di un bene comune, spesso deve ricorrere a dinamiche relazionali che escludono gruppi di cittadini che non hanno le “conoscenze giuste”.
L’assenza di Regolamento, nelle esperienze raccontate, ha anche fatto emergere il rischio dell’abuso di potere di piccoli gruppi. L’esempio fatto nel confronto, in cui ci si chiede “In base a cosa chi si è alzato per pulire quel bagno lo pretende come proprio?” ci sembra molto chiaro.
Pur lodando le iniziative spontanee e di stampo assembleare, si è convenuto sull’importanza della presenza di regole collettive in grado di tutelare tutti i cittadini e le cittadine.
Il confronto ha anche fatto emergere la difficoltà nel percepire la concreta funzione di un Regolamento del tipo proposto in Consiglio, perché al suo interno non sono presenti o quasi indicazioni concrete sui casi specifici.
La spiegazione a questo apparente vuoto è stata data usando il concetto di meta-regolamento, ossia di un regolamento necessario a stilare poi singoli regolamenti specifici per ogni caso. Questo elemento è molto importante perché permette a ogni comunità, interessata ad occuparsi di un bene comune, di elaborare un modello organizzativo specifico e frutto di un confronto partecipato tra gli attori presenti. La non rigidità delle regole permette, inoltre, una più facile innovazione nel tempo, lasciando alle persone attive in quella determinata situazione temporale e sociale, la libertà di concepire il modello di gestione più adatto alla comunità di riferimento.
Le questioni economiche
Nella fase conclusiva dell’incontro ci si è confrontati anche sull’importantissimo tema dei soldi. Infatti, una delle questioni più complesse è quella di coniugare la cura di un bene (soprattutto quando è un bene fisico) e i costi di gestione dello stesso.
Pur restando fermo il criterio secondo cui all’interno di beni comuni si possano svolgere solo attività no-profit, è chiaro che anche queste richiedono dei fondi per essere portate avanti, soprattutto nel lungo periodo. Occorre chiarire quali siano i limiti relativi sul cosa è possibile o meno fare all’interno del Patto di Collaborazione del bene o della dichiarazione di uso civico. Ad esempio, stabilendo se possano o meno esserci delle attività a pagamento e come queste si debbano confrontare a livello di prezzi con il mercato locale (concorrenza).
Per quanto riguarda le dichiarazioni di uso civico, la gestione del bene ed i suoi costi rimarrebbero in capo al Comune e questo permetterà l’attivazione anche a persone non dotate di risorse economiche o di associazioni strutturate permettendo così un allargamento della platea di beneficiari del Regolamento.
Conclusioni
La discussione è stata molto ricca, come speriamo emerga da questo report, e ovviamente non si è chiusa.
Ci fa piacere aver notato come già durante questo dialogo collettivo alcune posizioni siano cambiate, riducendo ad esempio l’allerta sui rischi che l’approvazione del Regolamento porterebbe.
Ci si è augurati che l’approvazione porti alla riattivazione di un nuovo movimento cittadino collettivo, anche unendo le tante esperienze individuali che comunque sono presenti in città.
Uno degli ultimi interventi ha infatti sottolineato l’importanza di parlare prima della comunità e poi dei Beni. Come detto sopra, ribaltando il punto di osservazione.